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Gli scout a Betlemme… luce di speranza

Betlemme, la città della pace e della Natività, è oggi anche il luogo in cui i giovani vivono la quotidianità della guerra. Cosa significa, allora, essere un ragazzo o una ragazza in una città divisa tra la speranza che deriva dalla fede e la brutalità del conflitto? Lo abbiamo scoperto dal racconto di Jeries Qumsiyeh, 56 anni, capo del Gruppo Scout Ortodosso che fa parte dell’Arab Orthodox Club (AOC), uno dei club più grandi e attivi della zona. Fondato nel 1963 a Beit Sahour, nel Governatorato di Betlemme, il Club funge da importante istituzione culturale, sociale e sportiva per la città e i villaggi circostanti.

L’AOC sostiene la comunità in vari ambiti della vita – sociale, culturale e sportiva – e contribuisce persino all’economia locale organizzando mostre per le piccole industrie e l’artigianato. La credibilità del Club deriva dal suo lavoro costante e dai forti legami stretti con altre istituzioni a Beit Sahour, dove molte delle sue attività sono state svolte in collaborazione con le organizzazioni locali. Attualmente il gruppo scout conta 770 iscritti.

Jeries prima di tutto, come stai? E come stanno i ragazzi e le ragazze del tuo gruppo scout?

Grazie a Dio, stiamo bene per quanto le circostanze lo permettano. Cerco di rimanere forte per la mia famiglia e per il mio gruppo scout. I ragazzi e le ragazze stanno attraversando momenti difficili, ma sono uniti e far parte degli scout dona loro un senso di protezione e appartenenza, imprescindibili per non perdere la speranza di fronte a tanta brutalità. 

Cosa significa essere uno scout nella Palestina di oggi?

Essere uno scout in Palestina, specialmente a Betlemme, il luogo di nascita di Gesù Cristo, è un grande messaggio e una forte responsabilità. Significa essere un simbolo di resilienza e speranza, mettersi al servizio della propria comunità anche nei momenti più duri, aggrapparsi ai nobili valori scout di cooperazione, coraggio e fratellanza non per il bene personale ma per quello della comunità. 

Com’è cambiata la vostra vita quotidiana e quella dei membri del tuo gruppo scout dall’inizio della guerra?

Le nostre vite sono cambiate completamente, la nostra quotidianità stravolta. Le nostre attività scout sono state ridotte notevolmente a causa della situazione, per ragioni di sicurezza. Oggi, le nostre sfide più grandi sono garantire la sicurezza, procurare i beni di prima necessità e mantenere alto il morale dei più piccoli. Nonostante le limitazioni, abbiamo però continuato alcune attività all’interno della città. La più notevole è un grande campo scout che abbiamo tenuto di recente presso lo storico Monastero del Campo dei Pastori, con un elevato numero di scout partecipanti.

Siete ancora in grado di svolgere qualche forma di attività scout?

Sì, ma in modo molto limitato. Cerchiamo di incontrarci in luoghi sicuri e di organizzare attività semplici come sessioni di supporto psicosociale, giochi di gruppo e attività manuali che aiutino i bambini e le bambine a esprimersi, a non tenersi dentro la paura e a vivere momenti di normalità.

Qual è l’impatto psicologico di questa situazione sui bambini e i giovani del tuo gruppo?

La paura e l’ansia sono molto presenti, specialmente quando sentono il rumore dei bombardamenti o notizie sconvolgenti. Tuttavia, trovano speranza nella preghiera, nella solidarietà tra le persone e nei piccoli momenti di gioia, come cantare o giocare con i loro amici. La condivisione, lo stare insieme, li aiuta molto.

Come li proteggete fisicamente ed emotivamente?

Ci assicuriamo che i nostri incontri si svolgano il più possibile in luoghi sicuri e rimaniamo in costante comunicazione con le loro famiglie. Inoltre, offriamo loro uno spazio per esprimere i propri sentimenti e lavoriamo per risollevare il loro morale attraverso attività positive e messaggi di supporto e speranza.

In che modo lo scautismo aiuta a tenere unita la comunità?

Lo scautismo unisce le persone attorno ai valori di cooperazione e servizio, e costruisce reti di supporto sociale. Anche in tempi di crisi, lo scautismo rimane presente per aiutare, sia distribuendo aiuti sia fornendo supporto psicologico per i bambini e le bambine. Aiuta a tenere vivo il senso di comunità.

Quali sono i bisogni più urgenti in questo momento?

Il nostro bisogno più urgente, come gruppo scout cristiano palestinese a Betlemme, è quello di rafforzare la perseveranza dei giovani cristiani nella terra di Cristo, offrendo loro opportunità di vita dignitose, istruzione di qualità e lavoro, al fine di combattere l’emigrazione dei cristiani palestinesi dalla Terra Santa.

Di quale altro supporto avete bisogno?

Il supporto psicologico e sociale è molto importante, specialmente per i più piccoli. Abbiamo anche bisogno di formazione per i capi su come affrontare e gestire i traumi e di programmi per connettersi con gli scout di tutto il mondo per rafforzare la rete e la solidarietà, per non sentirci soli.

Qual è il tuo messaggio alla comunità internazionale e agli scout di tutto il mondo?

Lo scautismo in Palestina non è solo un’attività ricreativa: è una linea di difesa psicologica e morale per bambini e ragazzi. Abbiamo bisogno delle loro voci e del loro sostegno, e che stiano al nostro fianco nel chiedere pace e giustizia.

Che ruolo può svolgere lo scautismo dopo la guerra?

Dopo la guerra, lo scautismo può essere un ponte per ricostruire la fiducia all’interno della comunità e una pietra miliare nei programmi di ricostruzione fisica e psicologica, specialmente per i bambini e i giovani.

Qual è il tuo sogno per i tuoi scout e per il futuro della Palestina?

Sogno che i nostri scout possano vivere in una Palestina libera e sicura, dove possano praticare le loro attività liberamente, viaggiare, scoprire il mondo e rimanere sempre ambasciatori di pace e amore.

Luca Pernice

Ufficio Stampa – Pattuglia Comunicazione Scout d’Europa

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