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Un tesoro in vasi di creta

Protocollo per guide ferite

Anno 2021. Con le mascherine sul viso, iniziamo puntali la nostra riunione d’Alta I saluti, un primo ascolto per capire come stavano le ragazze, tra scuola, sport e la loro quotidianità. Proviamo i nodi per mettere in tensione le corde poi un canto … Lo ricordo ancora…“come un prodigio”. Silenzio, iniziano a scendere delle lacrime: prima Beatrice, poi Chiara, Anna, Giulia…
Rimango piuttosto spiazzata. Attimi di silenzio. Una di loro mi guarda e confessa:  “Io non ho mai fatto pace con la mia storia, mi manca un pezzo”. La conosco da quando aveva 6 anni. Capisco bene cosa intende.  Anche Anna porta le sua mani sul viso. Giulia le stringe la mano.
In quella riunione ho solo ascoltato, ansie, ferite, paure. Le ho abbracciate, terminando. Poi, quando sono andate via, ho chiamato un’ amica psicologa. Avevo l’impressione di camminare su vetri rotti. Potevo buttare tutto il mio programma. Qualcosa di nuovo e impensato ci attendeva.

Seguendo i suoi consigli ho cercato di affiancare ciascuna singolarmente, per ascoltarne il disagio, custodirla. Ero profondamente impreparata a gestire quello che poteva venir fuori. Ho quindi chiamato a raccolta le persone, competenti, che potevano aiutarmi. In particolare avevo conosciuto p. Nicola Gobbi SJ, esperto in psicodramma. Con il suo aiuto abbiamo fatto emergere, con dinamiche di gruppo teatrali molto coinvolgenti, le difficoltà e dato loro un nome: problemi con il cibo, che nascondevano solitudini relazionali, ricerca di genitori non noti, litigi tra parenti. Era tutto ben nascosto. Ad emergere erano solo alcuni segnali, gradualmente e successivamente decodificati.

C’era poco di “scouting” in tutto questo…mi dicevo….o forse era solo uno scoutismo diverso, una esplorazione interiore fatta di prossimità, un immergersi in quelle acque per poi risalire insieme per riconsegnarle – con il loro consenso – ai genitori, per ben altro cammino da fare.

Da questa situazione è nato il “protocollo per guide ferite”. L’esperienza forte vissuta è stata presentata e condivisa alla pattuglia nazionale guide a maggio 2022. perché possa essere di supporto ad altre Capo.

1 Osservare: le guide, la loro postura, lo sguardo, le mani, le unghie, il modo di camminare, quello che mangiano o non mangiano in uscita..

2 Riconoscere: i segnali che mandano attraverso il loro corpo, vestiti, colori, accessori…


3 Affiancare: “perdere tempo” e tanto, stando loro accanto, soprattutto se si notano questi segnali. Gli strumenti migliori? Le riunioni, le imprese, le specialità, occasioni preziose per condividerne la preparazione…

4 Far emergere: lasciare spazio, creando un clima non giudicante e accogliente, perché la persona desideri condividere con fiducia quello che ha nel cuore

5 ascoltare: fare vuoto, spazio, accogliere perché si crei uno spazio di sicurezza

6 confrontarsi: con esperti qualificati, per condividere quello che accade

7 accompagnare: essere con, individando un percorso da fare insieme che porti le ragazze a parlare di come si sentono, cosa vivono e dei loro disagi

8 riconsegnare: ai genitori i loro figli, donando loro ciò che si è osservato

9 lasciar andare: non legare a sé, ma permettere che genitori e figli che vivono ferite grandi possano ripartire con persone competenti per il giusto percorso da fare

10 pregare per loro e mantenere con discrezione i contatti

Laura Galimberti

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