Dei tanti testi che lo scautismo attivo produce di questi tempi, questo che ho sottomano si distingue perché ripercorre con piacevole scrittura e felice registro ironico, il sentiero di esploratore vissuto e percorso dall’autore tra gli anni 1992 e 1997 nel Riparto del Gruppo Trieste 4 della nostra associazione.
Il libro racconta le tappe del sentiero scout che Marco – Ugo Coyote Urlante è il suo nome caccia – percorre nel Riparto, i suoi successi ed anche i fallimenti e ci porta con la leggerezza della sua penna a rivivere, ridare corpo, pensiero e nomi alla sua avventura di adolescente.
Ma chi, avendo percorso in gioventù lo stesso cammino, legge le pagine scritte da Marco si ritrova, pagina dopo pagina, a rivivere avventure, relazioni, emozioni e sperimenta la magia dell’aprirsi della memoria. Entriamo, così, in sintonia con il Coyote e riportiamo al presente ricordi, momenti felici vissuti, difficoltà incontrate e non sempre superate, ma soprattutto volti, volti dei tanti amici, fratelli scout che con noi hanno vissuto l’avventura come Squadriglieri, Aiuto Capi, Capi e Assistenti. Attività, giochi, canti, scenette e preghiere sono rappresentate con immediata vivacità e compongono il quadro di un’adolescenza che ha certamente avuto il gusto della Promessa: di una vita bella e promettente.
Nel libro il sentiero percorso per cinque anni dal Coyote si conclude, a suo dire, con un doloroso fallimento: l’autore a pag. 116 scrive: “Diventare Esploratore Scelto era stato il senso della mia carriera da Esploratore. E avevo fallito. Per questo, principalmente, non potevo continuare, al termine del Sentiero dell’Esploratore, rinunciai alla Strada del Rover”. Ma non è stato così!
A pag. 8, nell’Introduzione all’introduzione, l’autore ci racconta quale è stata la scintilla che lo ha fatto riconciliare con Ugo il Coyote Urlante, con se stesso adolescente: “Un giorno quando quell’esperienza si era conclusa da parecchio tempo, mi trovavo in montagna, in agosto, su una seggiovia; mi investì un profumo di abete, e provai uno struggimento improvviso, collegando quell’intenso e gradito odore ai Campi estivi. E lo struggimento mi portò a voler ricucire in qualche modo lo strappo con il passato.” E nell’Epilogo (quello vero) conclude il racconto così: “…lo struggimento che provai sentendo il profumo degli abeti e che mi fece provare nostalgia per i Campi estivi non era certo nostalgia di un distintivo. Diciamo che avevo compreso lo scautismo parzialmente … E sono anche arrivato a chiedermi: che valore può avere la Promessa che feci? Si dice: “Scout una volta, scout per sempre”, ma potevo davvero ritenermi scout, se non ero riuscito a capire cosa voglia dire esserlo e se non ne avevo capito i principi? Forse solo dopo aver riflettuto su tutto questo ho potuto iniziare a diventare un vero scout. Diciamo che forse sono uno scout a posteriori.”
Leggere Meglio un giorno da novizio che cinque anni da Coyote fa sorridere e fa bene al cuore.
Fa bene ai Capi Riparto di oggi a tutti Capi che prestano o hanno prestato il loro servizio appassionato in Associazione e nello scautismo cattolico, perché lo scanzonato racconto del Sentiero dell’Esploratore Ugo Coyote Urlante, con la sorniona leggerezza dell’ironia e dell’autoironia, conduce il lettore a riconoscere la validità di un metodo autoeducativo quale è quello dello scautismo di B.-P. e la bontà dello scopo associativo “formare buoni cristiani e buoni cittadini”. (Nico Pezzato)